martedì 16 dicembre 2008

Una riflessione sul tema dell'apprendimento

Sembra ovvio che i bambini e i giovani vadano a scuola per imparare. Basterebbe dire, però, che affinché questi apprendano non sarebbe stato necessario inventare le scuole, visto che gli esseri umani, come tutti gli altri animali, apprendono sempre, durante la loro vita ed in ogni luogo, specialmente fuori dalle scuole.
L’apprendimento è un esercizio costante di interazione con tutto ciò che ci circonda; esso racchiude nell’essere umano la capacità sensoriale e tutte le facoltà intellettive che in maniera generica vengono chiamate “pensiero”.
Ogni nuovo apprendimento, realizzato da una persona, modifica in qualche modo le “vecchie conoscenze” e gli permette di compiere nuove esperienze, che a loro volta trasformano le nuove possibilità di apprendere.
In questo modo i diversi apprendimenti hanno il potere di tracciare una sorta di cammino o di mappa così individuale tanto che difficilmente due persone hanno lo stesso vissuto di esperienze e, pertanto, è quasi impossibile che apprendano le stesse cose allo stesso modo.
Gran parte dei problemi relativi all’apprendimento provengono dall’associazione ricorrente tra questa complessa nozione dal punto di vista biologico e neurologico e ciò che succede nelle aule scolastiche, nei collegi o nelle università.
In queste istituzioni, che costituiscono i luoghi dell’educazione formale, non è così importante ciò che si apprende quanto ciò che si insegna.
Esistono, infatti, curricola, piani di studio, prove di valutazione, ecc. che cercano di verificare se l'enorme numero di bambini che frequenta una determinata classe abbia imparato le stesse cose, nello stesso tempo e nello stesso modo, senza tener conto del loro contesto di vita, delle loro esperienze e necessità vitali.
Per questo motivo, ritengo che sia fondamentale comprendere il profondo significato della parola “apprendimento” che tenga conto, soprattutto, dei vissuti e delle esperienze di ogni persona (dal punto di vista dello sviluppo umano, inteso come crescita individuale e collettiva) ed invito i lettori a riflettere su quanto scriveva l’antropologo statunitense Clifford Geertz nel suo libro “L’interpretazione delle culture”: “Siamo animali incompleti o incompiuti che ci completiamo attraverso la cultura, ma non attraverso la cultura in generale, quanto per le forme di alto grado particolari di essa: la forma dobuana e la forma javanesa, la forma hopi e la forma italiana, la forma di classi superiori e quella di classi inferiori, la forma accademica e quella commerciale”.
Per un essere umano l’importante è disporre degli strumenti di comportamento indispensabili per adattarsi all’ambiente nel quale vive ed essere capace di progredire attraverso attività individuali e collettive che assicurino la sopravvivenza delle specie.
Dunque è chiaro che apprendere è molto più che leggere e scrivere, si tratta, infatti, di un essenziale meccanismo di adattamento, sebbene la lettura e la scrittura siano una parte molto importante dell’intercambio di informazioni richiesto per adattarsi e progredire nel mondo contemporaneo. Di fatto ciò che ognuno apprende veramente è ciò di cui ha bisogno, il resto lo scarta grazie a meccanismi molto efficaci del cervello.
Credo che la confusione sul significato della parola "apprendimento" costituisca, oggi, l'inizio di buona parte del fallimento della scuola, in relazione alla sua funzione sociale, visto che non sempre riesce a soddisfare le aspettative degli individui e della società.
Dott.ssa Valentina Caccamo

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